Tunisia: non solo sabbia.
Continuando la collaborazione con l’amico Dario e www.brainandheart.eu questa volta vorrei farvi partecipi di un altro viaggio africano effettuato in quel posto meraviglioso e a portata di mano che è la Tunisia.
Il raid si è svolto nel 2013, ad un anno preciso di distanza dalla prima spedizione, occasione nella quale il gruppo dei soci fondatori del Tunisia Team, originariamente composto da 7 piloti, si è integrato con altri 8 elementi provenienti da diverse zone d’Italia i quali, contagiati dai racconti e dall’entusiasmo dei reduci, hanno voluto portare le ruote tassellate delle loro moto sulla mitica sabbia sahariana.
Come al solito la carovana inizia a muovere i primi passi, carica all’inverosimile sia come spirito che come bagaglio; all’imbarco di Civitavecchia si presenta con il morale alle stelle in una condizione praticamente ottimale per affrontare il lungo viaggio di avvicinamento alle coste tunisine di La Goulette.
Il tempo passa scandito dai racconti di coloro che hanno già messo le ruote in Africa e dalla curiosità di chi invece vi sbarcherà per la prima volta. Così riusciamo a far passare in assoluto relax le numerose ore di traghetto. L’arrivo al porto in tardo pomeriggio ci vede sbrigare le lungaggini burocratiche doganali che ci permettono di uscire dal porto in piena notte per il successivo trasferimento stradale ad Hammamet, dove trascorreremo le poche ore di sonno in uno dei tanti alberghi della cittadina turistica del golfo tunisino.
Al risveglio una tragica scoperta: due moto del gruppo sono state rubate durante la notte; nonostante la sorveglianza e l’esistenza un muro di cinta di oltre tre metri lungo tutta la struttura ricettiva. Momenti di sconforto e disorientamento ci accompagnano per tutta la mattinata in compagnia della polizia locale che, colpita dalla inusualità dell’accaduto ci faceva capire che avrebbe preso l’impegno a risolvere la situazione. Purtroppo anche in questo caso il detto the show must go on ci appare quanto mai inerente alla situazione e proseguiamo secondo programma se non altro per il dovere di far vivere l’avventura desertica ai nuovi ospiti ancora in possesso delle loro moto.
Con molta tristezza e senso di impotenza ci separiamo dai due sfortunati amici con i quali, comunque, saremmo rimasti in contatto continuo durante tutto il resto del viaggio.
Con una buona mezza giornata di ritardo sulla tabella di marcia ci mettiamo in cammino verso la porta del deserto di Douz, meta che ci avrebbe aperto lo scenario più bello per un fuoristradista: l’immensità del Sahara. Ma non vogliamo perderci il resto della Tunisia più nascosta e meno battuta dalle normali rotte turistiche e quindi ci avventuriamo su un percorso tortuoso (e in gran parte offroad) disegnato passando ore e ore al computer o su mappe cartacee. I luoghi attraversati, la bellezza delle piste impegnate sia che siano sterrati veloci che passi montani più tecnici, ci offrono la vista di skylines di assoluta bellezza e straordinarietà tanto che spesso ci si ferma per ammirare e per fotografare quei posti dei quali abbiamo sempre sentito parlare e che ora stanno proprio li davanti a noi.
Il GPS continua a guidarci verso il Sud lungo sentieri e piste che nessuno di noi aveva mai percorso prima. Ogni tanto ci succede qualche intoppo non previsto (frane, allagamenti o zone troppo fangose) che, grazie al “fiuto enduristico” delle guide, vengono bypassate in fretta aggirando l’ostacolo imprevisto. In una di tali occasioni la deviazione a scendere da una collina ci catapulta nel bel mezzo di un mercato locale! Il nostro passaggio tra le bancarelle colorate da stoffe, ceramiche e spezie aromatiche avviene tra la folla che, incuriosita, ci concede cortesemente strada ma la presenza di numerosi bambini che si avvicinano alle moto con ammirato interesse ci costringe a ricambiare portando qualcuno di loro a fare un giro in moto!
Inizia a fare buio, situazione che non avevamo previsto (poichè determinata dagli eventi della mattina) e la combinazione tra le tracce sconosciute a tutto il gruppo e la mancanza di illuminazione rende tutto molto difficile specie se consideriamo di trovarci nel bel mezzo del nulla. Ad un certo punto la strada prevista si interrompe nel mentre ci troviamo a fiancheggiare uno stagno che nessuno ha visto ma la cui presenza era facilmente desumibile dalla ingente presenza di rane che saltellavano da tutte le parti. Ci mettiamo subito in contatto con il 4×4 di assistenza logistica che, fortunatamente, si trovava a pochissimi km dalla nostra posizione in attesa sulla strada asfaltata. In pochi minuti ci raggiunge e ci riporta sulla giusta traccia fino a raggiungere Kairouan, città famosa oltre che per la meravigliosa Medina, anche per la produzione di tappeti. Ci accomodiamo in un bellissimo resort per la notte, non prima, però, di aver lungamente contrattato sul prezzo, usanza che a queste latitudini diventa prassi consolidata. Un bel letto e una doccia calda ci rimettono in sesto fisicamente e psicologicamente per il prosieguo del raid.
Lasciamo Kairouan e man mano le montagne e il verde degli olivi (sino ad allora fedeli compagni di viaggio) cedono il posto ad immense pianure mentre i sentieri di pietre e ciottoli si trasformano, man mano, in lunghi rettilinei piatti e sabbiosi; la distanza tra un centro abitato e l’altro ci costringe a fare scorta di benzina per evitare di rimanere a secco nel mezzo di zone particolarmente desolate. Valichiamo ancora qualche passo di montagna dalla cui sommità si riesce ad avere la sensazione di essere vicini a quello che per tutti i partecipanti è stato il sogno sin da ragazzi: il deserto e le sue leggendarie dune.
Quando stavamo per giungere in prossimità del grande lago salato dello Chott El Jerid Davide sbatte con la sua Supetenerè 750 su una pietra che gli riduce in pezzi la coppa dell’olio! Senza farci prendere dallo sconforto e facendo fede sulla lucidità che occorre in questi casi decidiamo intanto di fare campo in quel posto grazie alle tende stipate dentro la macchina di assistenza e di contattare con il satellitare del team logistico il possessore di un pickup al quale far recuperare la moto e, successivamente, tentare la riparazione del danno nell’officina più vicina. Sistemata la faccenda recupero, non ci rimane che rifocillarci con un’inaspettata spaghettata al chiarore delle stelle!
L’insolita situazione ci permette di assistere ad un’alba a dir poco fantastica dove l’unico rumore era il soffiare del vento. Pochi attimi che riempiono di sensazioni positive, sensazioni delle quali avevamo bisogno per sperare in una soluzione positiva al problema della moto in avaria. Intanto puntuale giunge il pickup e il conduttore ci offre concrete speranze circa la riparazione del danno.
Ridiscesi dalla montagna, finalmente, i primi accenni di deserto: facciamo ingresso nel famoso Chott El Jerid : il grande lago salato.
Lo attraversiamo di gran lena lasciando la nostra firma su quella sabbia che, in breve tempo, sarebbe stata spazzata via dal vento. La breve sosta nel bel mezzo del lago ci fa pensare a quanto piccoli siamo difronte alla vastità della natura quasi a sentirsi parte degli infiniti granelli di sabbia che formano lo Chott.
Da quel momento in poi si iniziano a vedere e ad attraversare le prime dune che, magicamente, tirano fuori la parte dakariana che alberga in chiunque si avventura in quei posti. Chi ha avuto altre esperienze di deserto procede surfando sul manto sabbioso, i novelli si fanno “le ossa” esibendosi in stilosi carpiati in avanti, prezzo che in ogni caso sarà onorato da tutti i partecipanti.
Da li in poi il giallo ocra della sabbia tunisina sarà il colore dominante delle nostre giornate, il silenzio delle immensità ci farà compagnia per i tanti chilometri che andremo a coprire. Arriviamo in prossimità della porta del deserto più famosa, quella di Douz dove ci attende il solito hotel 20 Mars, un posto che ci fa sentire quasi a casa. Trascorriamo il tempo libero passeggiando per la grande piazza della cittadina sub-sahariana, ora sorseggiando un caldo the alla menta, ora visitando i tanti negozi della piazza dove le spezie e i tessuti in mostra all’aperto riempiono di colore tutto l’ambiente. Ceniamo in un caratteristico locale mentre alcuni artigiani fabbro-ferrai continuavano fino a tarda notte nel lavoro di saldatura dei numerosi reperti della coppa dell’olio frantumata.
Nella mattinata seguente la buona notizia sulla ricostruzione del pezzo permetterà a Davide di continuare il viaggio sahariano alla guida della sua fida Supertenerè. Visitiamo altri luoghi fascinosi e leggendari come Kebili che accoglie i viandanti del deserto con un passaggio sotto la sua grande porta e poi non poteva mancare la visita all’oasi di Ksar Ghilane con la sua pozza di acqua calda dove trascorriamo un un pomeriggio intero tra i bagni e diversi aperitivi.
Infine il trasferimento verso Matmata lungo una via di montagna. Il fascino di quel luogo, famoso per le sue abitazioni troglodite scavate nel terreno, è unico ed è sempre come se si vedesse per la prima volta. Il trascorrere la notte all’interno di grandi stanze a volta scavate nell’argilla non ha eguali ed il suo fascino è ineguagliabile.
Anche questa volta Matmata segna il punto di rientro verso casa. Nel viaggio, purtroppo, abbiamo accumulato quasi una giornata di ritardo sulla tabella prevista, quindi si decide per una risalita più veloce e sicura nei tempi: le moto racing rientreranno a bordo di un camion, mentre le moto a più vocazione stradale percorreranno (risalendo verso nord) in parte piste sterrate e in parte asfalto.
Dopo una sosta notturna a Sousse torniamo ad Hammamet per incontrare gli amici che avevano subito il furto della moto. La polizia che si era data molto da fare era riuscita a trovarne una, quindi, Simone poteva far rientro in Italia insieme agli altri. L’altro sfortunato amico doveva trattenersi ancora in loco fino all’eventuale rinvenimento del suo motoveicolo, cosa che non si concretizzava. Lui ci raggiungerà in Italia circa una settimana dopo riuscendo a lasciare Tunisi in maniera rocambolesca e grazie alle autorità italiane che si erano interessate della vicenda.
Rientrati nelle proprie abitazioni ed alla vita di tutti i giorni, come al solito per molti giorni rimaniamo con la mente ancorati all’avventura appena trascorsa. I colori, i sapori, i silenzi di quella terra hanno scolpito nel nostro cuore un segno indelebile, così come la situazione politica e di ordine pubblico che sta dilaniando quel paese ci fa sentire sgomenti. La mancanza di sicurezza sta dando un colpo mortale a quella economia turistica che è elemento trainante delle molte attività tunisine.
Nella speranza che il tempo possa guarire quelle ferite e che tutto torni alla normalità vorrei dedicare questi pochi versi della canzone dedicata all’Africa dal gruppo rock dei Toto: “ … Ce ne vorrà per trascinarmi via da te … neanche con cento o più uomini si potrà mai fare … benedico le piogge laggiù in Africa …”. Se ci sarà una sola occasione favorevole per tornare, io lo farò. Lo prometto.
La collaborazione con personaggi e come Leonardo sono la soddisfazione più grande che il Brain and Heart Project restituisce a poco più di un anno dalla sua nascita. La speranza è quella di smettere al più presto di raccontare e di fare insieme tanti chilometri!
Grazie Leonardo, sei davvero un grande amico!